martedì 30 marzo 2010

trasLOCO

tanto per santificare la festa, ecco che la domenica, caricata sull'aereo l'allegra delegazione romana, ci si appropinqua a trasferire armi bagagli e magazzino a una decina di km da dove eravamo, in una location che di ONG ha ben poco, ma è coatta: villaggio diplomatico Les Palmes.
per trasferire 83 tende da 4 posti, 20 tende da 50 m2 e altre allegre quisquilie, viene chiamato il simpatico camion dei traslocatori.

e qui uno capisce perchè gli haitiani vivono nella condizione in cui vivono, la risposta è tremendamente neoliberista e vagamente razzista:

perchè nun je va da lavorà

pagati tra l'altro a tariffe europee.

questa conclusione non deve sembrare approssimativa e offensiva, E'APPROSSIMATIVA E OFFENSIVA, ma li mortacci loro otto ore di lavoro per fare quello che si sarebbe potuto fare in un'ora.

Dicono sia una differenza di cultura: lo è.

il problema non è che a loro manchi la cultura del lavoro in generale (anche perchè non si spiegherebbe come rifiutino sistematicamente di alzare un dito per pulire non dico la strada, ma almeno i 5 mt davanti la loro porta), è che il modello occidentale è penetrato a fondo generando un mostro in cui convivono poco e male voodoo e telefonini.

esempio:
quartiere di citè aux cayes, proposta da parte nostra di partecipare allo sgombero delle macerie, almeno quelle sulla strada, pagamento a prezzi di mercato.

"Sì ma pagate poco, allora preferisco non lavorare per niente"

"Aumentiamo di un tot, vi sta bene?"

"Ci pensiamo, dobbiamo fare l'assemblea generale della popolazione"

la quale stabilisce che va bene.

Quindi cominciamo?
NO

Vogliono il vitto:

"Ok, vada per il vitto, dateci la lista di quello che vi serve"

il giorno successivo fu presentato un papiro contenente quantità di cibo tali da soddisfare il bisogno alimentare di 37 feste dell'unità.

in realtà sarebbe dovuto servire per sfamare 30 persone.

cibo comprato

ma adesso vogliono che siano pagati anche i cucinatori del cibo, che vengono individuati in numero tale da superare di 3/4 il numero di lavoratori totali.

e mo' m'avete rotto er cazzo.

seguì un succinto discorso in creolo-romanesco, non so quali concetti abbia veicolato, ma credo che la locuzione "se pensate che sto qui a pettinà le bambole, ve ne potete pure annà affanculo" sia stata sufficientemente compresa.

domani cominciano il lavoro, 30 persone per rimuovere le macerie dalle loro strade.
fino ad ora le ci avevano vissuto sopra, ecco dove sta la differenza culturale.

ovviamente il cibo è stato deviato su una mensa gestita dal cesvi nella braccopoli adiacente.

loro vengono pagati.

diciamo che il cibo se lo possono pagare.

giovedì 25 marzo 2010

grog

coltivando un insolito razzismo per le vie di port au prince
tutto cominciò nelle vie di una simpatica baraccopoli adiacente il porto chiamata fort dimanche.
trattavasi di montare telo ombreggiante con annessi pali onde far pascolare piccoli bambini negri senza che il sole cuocesse le loro capoccette pidocchiose.
scaricai pali picconi cartocce corde picchetti e mazzette e mi accinsi a principiare il lavoro.
una moltitudine di giovani e meno giovani cominciarono ad attorniarsi alla zona propria dei lavori, commentando in creolo con fare sarcastico gli sforzi dello smadonnante sottoscritto.
poi qualcuno si accinse a collaborare e in venti minuti tutto fu montato.
il giorno seguente, pimpante e soddisfatto del lavoro svolto dalla comunità, tornai in quel luogo ameno per ultimare l'acchittamento della zona.
ma, corpo di mille balene (o anche cristoddio ma che cazzo è successo) trovai tutto smontato.
ripensando al sudore stillato dalla mia ariana fronte, smadonnai a guisa di portuale livornese, e mi misi in cerca del capoccia locale, lo quale dissemi che per paura di ruberie notturne aveva fatto smontare 6 pali e 48 mq di telo. mortacci sua.
quindi il mattino seguente rifeci paro paro il lavoro e la sera mi telefonarono avvertendomi delll'avvenuto smontamento ad opera del comitato. ho la vaga sensazione che mi stiano menando per il naso, da domani tutti a coglie cotone nelle piantagioni.

il contesto paesaggistico di tale quartiere è singolare.
sorto da baracche e bandoni, si è evoluto in bandoni e baracche, ergesi una sola costruzione, detta scuola, dotata di apposito piazzale ora occupato da tenda di dispensario medico.
tale piazzale è circondato da uno specchio d'acqua ridente e pittoresco, chiamasi nel dialetto locale "marana", esalante esaltenti effluvi miasmatici che, secondo antichi sciamani, inducono visioni mistiche.

dopo queste esaltanti giornate dedicomi al pascolamento della missione romana in visita, li quali scottansi, sudeno e soffrono il salubre clima caraibico.

chissà se arriveranno vivi a domenica.

manco le carte m'hanno portato, sti 'gnoranti.

domenica 21 marzo 2010

Foll(i)a

il quartiere è sempre quello, con l'aggiunta di una discreta quantità di fango tropicale, che rende tutto squisitamente pittoresco.
nella suddetta fangara muovonsi tre figuri, in direzione assemblea popolare convocata dl comité di quartiere, ordine del giorno:
- presentazione del comitato alla popolazione (comprese cariche, sottocariche, sostituti, commissioni di controllo e collegi dei revisori)
- presentazione dei bianchi
- decisione delle priorità per il quartiere
location:
noi appollaiati sul tetto come gufi, dieci del comitato anche loro appollaiati, 300 persone pascolanti sotto.
durante l'interessantissimo dibattito svoltosi in creolo (lingua da tutti noi pienamente compresa), accade che le mie simpaticissime colleghe mi abbandonarono al mio destino.
dunque mi trovai a illustrare le attività che ci accingevamo a promuovere ad una platea di creolofoni che nulla capiva di quanto io dicessi e viceversa.
in ogni modo fu un successo.
ci donarono le magliette del comitato.
è probabile che nella chiarezza della comunicazione abbiano capito che finanzieremo le loro esistenze ad libitum in ville con piscina sull'isola di tortuga, o che io abbia promesso loro il mio primogenito, da qui l'entusiasmo della piazza.
in attesa di cedere la mia progenie ad un haitiano, me ne vado masticando voul au vent.

dopo i puffi, oggi ho visitato l'allegro villaggio valtur della protezione civile italiana.
dove pascolano vigili del fuoco, protettori civili e cuochi romagnoli (in mimetica e infradito, non solo i cuochi).
sembra non facciano altro che nutrirsi e abbeverarsi, dopo mezz'ora lì dentro, al decimo caffè, pensavo di uscire e trovarmi a corso francia.

la questione logistica della giornata era:
- sintonizzare il ricevitore satellitare
- attivare la connessione
-trovare un generatore con tensione di uscita 220V (la protezione civile NON possiede adattatori)
- vedere alla fine di queste operazioni palermo-milan su uno schermo al plasma residuo del terremoto in abruzzo

queste azioni (giunte tutte a buon fine) testimoniano l'efficenza e la potenza dell'italico ingegno.

comunque, come per palermo, il problema di port au prince è il traffico.
(e non toccare le banane, ne sono gelosissimi)

venerdì 19 marzo 2010

er mejo fico der bigonzo

citè aux cayes è un quartiere in salita fatto di casette, casupole e baracche, disposte con gusto secondo il pancasinismo terzomondiale, corrente architettonica di gran moda ai tropici.
appollaiato sul cassone del pickup, smadonnando contro l'autista, le buche, sto cazzo de sole, la santissima trinità ecc ecc, mi appropinquavo all'incontro con il presidente del comitato di quartiere, affiancato da segretario, delegato, vicepresidente, delegato bis e cugini vari: scopo dell'incontro: stendere un calendario dei lavori da fare con la cittadinanza tutta per bonificare il quartiere (possibilmente prima che muoiano tutti di colera).
giunto in cima alla salita, ecco profilarsi all'orizzonte un iveco Lince della marina parcheggiato alla guisa del pene di quadrupede, accanto al succitato veicolo stavano dei puffi da combattimento, dei protettori civili e le suorine della santissima carità.
"e mo' questi che cazzo vonno?" fu il pensiero che fugace mi attraversò la mente.

"ahò, bella! ma te non stavi all'aquila? senti, qua pensavamo de fà 'na cosa, piamo un cammio de sabbia, 'na ventina de quintali de cimento e je famo 'na gettata a schiena de mulo su quer cazzo de canale pieno demmerda che score immezzo a 'sta vietta.
te in tre ore quanta gente rimedi? io te faccio 'na lista de quello che me serve, te me lo vai a comprà e se vedemo domani mattina. de bonificà er canale grosso pieno de cadaveri e porchi ar pascolo nun se ne parla perchè cor cazzo che scennemo là sotto"

l'entusiasmo dell'italico intervento a sostegno dei diseredati del mondo era giunto fin nel cuore della megalopoli caraibica.

"mortacci vostra, ma proprio qua a cacà er cazzo" fu il dolce pensiero che rivolsi agli arditi rappresentanti della patria.

avrebbero voluto fare un ponticello in un via larga 5mt, per bonificare ben 40 m2 di quartiere.
glissando e rinviando riuscii a posticipare il loro intervento e gli dei mi vennero in aiuto richiamando in patria quei baldi giovani, salpando la cavour (ancorata nel dirimpettaio porto) entro due giorni.

scampato l'intervento a cazzo di cane dell'italico ingegno è stato seguito dalla visita nella casa del vicevicepresidente del comitato: l'unica casa in piedi, lui orgogliosamente negoziante, emigrante, ritornante, proprietario di negozi, strozzino, caporale, nei ritagli di tempo riscossore del pizzo e ricettatore. er mejo fico der bigonzo.

mi ha offerto una 7up.

l'ho bevuta

mi ha offerto una banana fritta

ho rispettosamente declinato

come al solito, le ong hanno trovato il miglior partner possibile all'interno della comunità, che in ogni caso farà sicuramente gli interessi della stessa, verso un futuro di pace e prosperità.

i cooperanti sono braccia strappate all'agricoltura.


PS: ci sono ancora circa 400 cadaveri sepolti sotto le macerie di Citè aux Cayes, vista la situazione, credo che andranno tirati fuori con paletta e secchiello.

martedì 16 marzo 2010

noi puffi siam così

pascolando tra macerie e manghi si palesa, nei pressi dell'aeroporto di port au prince, una zona ricca di torrette e filo spinato, è l'allegro compound delle nazioni unite.
l'allegro compound delle nazioni unite ospita militari,protezioni civili varie, agenzie internazionali, tra le quali si annoverano WFP, UNHCR, OCHA e soprattutto UNICEF.
tutti contraddistinti dal colore blu, tipico di un'altra nota popolazione del sottobosco:i puffi.
queste agenzie convocano ogni tre per due meetings, cluster, sabba infernali, altrimenti detti riunioni, alle quali partecipano tutte le ong che operano nella zona.
i puffi vivono nel bosco ed escono raramente da sotto le felci, gli abitanti del compound uguale.
quindi convocano riunioni ad orari bislacchi con ordini del giorno inutili che si traducono nella produzione di una grande quantità di aria fritta.
tipo:
il child protection cluster convoca una riunione presso il UN compound alle nove e mezza di mattina, tu sei però in giro dalle 7 con il furgone carico per andare a piazzare una tenda scuola dall'altra parte della città, ovviamente c'è un traffico della madonna, ti scapicolli, investi undici negri e arrvi alle nove e venti dentro il compound.
fanno quaranta gradi e puzzi di rinoceronte morto, parcheggi ed entri nella tenda unicef, con le scrivanie, i computer, l'aria condizionata, i distributori di beveraggi.
vedi i puffi e vai alla riunione.
alla riunione i puffi decidono di fare dei gruppi di lavoro per arrivare ad un protocollo univoco sulla definizione di area amica dei bambini (che esiste da dieci anni).
dopodichè chiedono alle ong di fare una carta della città segnando le aree di lavoro e chi fa cosa dove.
pensi che sul cruscotto della macchina c'è aperta una carta con scritto chifacosadove, che ce l'hanno tutti e che si può scaricare da internet.
cominci a interrogarti sull'utilità del meeting e ti senti un po' in colpa per la sorte degli undici malcapitati di cui sopra.
poi ti giri e vedi appiccicato all'entrata un foglio con scritto "chi vuole i cornetti per colazione si segni qua sotto".
e capisci tutto.

salto temporale

il pomeriggio riunione di coordinamento tra le ong italiane.
ora cercate nella frase l'elemento di illogicità.

fatto?

bene, ong italiane e coordinamento fanno un ossimoro.
però almeno alle riunioni c'è il caffè decente.

domenica 14 marzo 2010

primo giorno 13.03.2010 DEMOCRAZIA DIRETTA

come la democrazia diretta entra nella vita quotidiana di una bidon ville di port au prince attraverso l'istituzione di un comitato.
Nello specifico trattasi di comitato di quartiere, il che è già di per se' foriero di situazioni al limite del grottesco.
tra macerie e fogne al cielo aperto sono state piantate quattro tende a uso scuola arrivate direttamente dal campo Globo de L'aquila.
ecco coinvolto un pezzo della comunità localle nella decisione delle priorità della zona.
in una stanza di 15 mq, alla salutare temperatura di 43°, ci sono 9 rappresentanti della pololazione del circondario che dovrebbero decidere, riuniti in forma di comitato, cosa fare, come farlo e quale possa essere l'intervento della ONG di turno (nello specifico rappresentata da uno spaesato sottoscritto).
Una baraccopoli
Democrazia diretta
inizio e fine con preghiera collettiva
lascio immaginare quello che ne è venuto fuori, un incrocio tra un collettivo di lotta comunista (il giornale) euna riunione di condominio.
dopo due ore cerimoniose e interminabile si giunge alla conclusione politica che bisogna procurarsi tre megafoni per sensibilizzare gli abitanti sulla questione delle fogne a cielo aperto e sulle attvità ricreative da fare nelle tende.
per fare questo però bisognerà telefonare al direttore scolastico del quartiere che è anche l'unico ad avere un motorino (non si capisce la connessione logica)


in tutto ciò:
la conversazione si svolgeva in creolo
ogni quarto d'ora scattava la preghiera


si prende il tutto e lo si aggiunge ad uno staff formato dal sottoscritto, una di tolosa che assomiglia a un batrace, una capoprogetto svizzera celiaca e un logista colombiano che parla solo lo spagnolo sudamericio


mi sa che la prossima volta vado a lavorare per la coca cola